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L’University Malaysia Sabah e la Xiamen University Malaysia hanno condotto una ricerca bibliografica sulle alghe, pubblicata su Renewable and Sustainable Energy Reviews, che spiegherebbe la correlazione tra le alghe e l’attenuazione del riscaldamento globale.

Cosa sono e quali sono le caratteristiche delle alghe?

Le alghe sono organismi procarioti ed eucarioti fotosintentici di natura tallofitica che vivono, a seconda della specie, in acque dolci e marine.

La loro attività fotosintetica è dovuta alla presenza della clorofilla alfa, pigmento che conferisce loro il colore e li rende “attori” fondamentali delle reti alimentari sulla terra.

Hanno capacità chelanti, ovvero di assorbire metalli pesanti nelle acque, e hanno la capacità di assorbire CO2.

Questa loro capacità di assorbimento della CO2 risulterebbe fondamentale per contrastare il fenomeno del riscaldamento globale; infatti, le due università prima citate hanno individuato diversi ambiti, attuali e potenziali, in cui le alghe possono essere impiegate.

Il primo effetto è la cattura del bluecarbon, ovvero “biologically driven carbon fluxes and storage in marine systems that are amenable to management”.

Il carbonio blu è un tipo di carbonio che viene immagazzinato e catturato dagli oceani e dagli ecosistemi costieri, nello specifico quelli algali che, insieme al sequestro di CO”, salvaguardano l’habitat di altri organismi marini.

Si può definire come un’agricoltura oceanica rigenerativa?

Inteso come un sistema di allevamento in policoltura di alghe e altri organismi, questa ha l’obiettivo di rinvigorire gli habitat marini, sfruttando la fotosintesi e controllando così la temperatura degli oceani.

Considerando la compatibilità tra i vari ecosistemi, potrebbero essere ubicate in aree povere di ossigeno e acidificate ma anche in aree erose dalla costa; inoltre, l’allevamento limita il bioaccumulo di metalli pesanti e permette di raccogliere biomassa prima che si decomponga e che, quindi, rilasci carbonio.

Per ora, si sostiene che assorbe circa 1500 tonnellate di CO2/km2/anno, ma non si sa ancora fino a che punto possa mitigare il riscaldamento globale.

Possono essere usate solo come assorbitori di CO2?

In realtà, il potenziale delle alghe è estremamente vasto; le foreste di macroalghe, che coprono circa il 9% della superficie oceanica globale, possono produrre biometano sufficiente per soddisfare le esigenze energetiche dei combustibili fossili, causa principale del riscaldamento globale.

Esse rimuovono fino a 53 miliardi di tonnellate di CO2 dall’atmosfera all’anno, derivanti dalla produzione di biogas e dai livelli di scarico della combustione del biometano.

Le alghe soddisfano la domanda di energia a lungo termine, a differenza delle colture terrestri, e hanno una produttività superiore per tre motivi:

  • Quantità di biomassa
  • Forte capacità di agricoltura di massa
  • Contenuto lipidico e di carboidrati più elevato

 

In uno studio su alghe raccolte dalla costa del Mediterraneo nordoccidentale, Dilophus fasciola ha soddisfatto i valori raccomandati delle norme internazionali sul biodiesel; un altro studio condotto su 22 specie raccolte vicino alla baia di Abu Qir (Alessandria), sostiene che l’Ulva intestinalis è la migliore per la produzione circolare di biodiesel-diometano.

 

Quali sono i pro e i contro?

Le alghe possono essere sfruttate per diversi scopi e in diversi settori, tuttavia, sono sottoposte a stagioni e fattori ambientali quali temperatura, salinità e luce e ciò influisce sulla loro composizione biochimica.

Gli investimenti per questi allevamenti sono abbastanza costosi e bisogna garantire una preparazione tecnica agli operatori e attrezzature idonee.

Concretizzare questo campo nascente richiede un’enorme spesa ma se si vuole favorire una transizione ecosostenibile bisogna saper fare qualche sacrificio.


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